Vantaggi e limiti del mystery shopping: 3 casi

mystery shopper money

Quando è davvero utile il mystery shopping, rispetto ad altre forme di indagine sull’opinione dei clienti? Quando diventa antieconomico rispetto alle risorse che richiede?

Il problema principale del mystery shopping tradizionale è molto semplice e banale: la scarsità dei dati raccolti. L’efficacia dei clienti misteriosi è proporzionale alla quantità di dati che sono in grado di raccogliere rispetto alla totalità dei potenziali clienti, oppure rispetto a quanto ci interessa conoscere. Vediamo tre casi esemplificativi.

 

♦ CASO 1 – Il nostro business accoglie centinaia di clienti ogni giorno (ad esempio se gestiamo un ristorante o fast-food). Non possiamo pretendere realisticamente che pochi passaggi di qualche cliente misterioso descrivano oggettivamente la situazione del nostro negozio, con i suoi pregi e i suoi limiti: il campione non sarebbe significativo.

Possiamo pagare centinaia di mystery shopper per raccogliere i dati che ci interessano? Non sarebbe economico. E poi esistono davvero centinaia di mystery shopper di qualità?

Meglio ricorrere ad altre soluzioni, come poll, interviste e fidelizzazioni. Meglio costruire applicazioni e sistemi perché sia il cliente stesso a dirci cosa gli piace, che tipo di panino vorrebbe, e cosa non funziona nel locale.

 

♦ CASO 2 – Il nostro business vede per definizione pochi clienti: è esclusivo, di nicchia, oppure altamente specialistico (ad esempio se vendiamo gru idrauliche, automobili di lusso, servizi assicurativi). Sono soltanto pochi i clienti che varcano quotidianamente la nostra porta, e anche impiegando soltanto pochi mystery shopper riusciamo ugualmente a raggiungere un numero sufficiente di dati.

La rappresentatività del campione sarà sufficientemente utile a descrivere la situazione: il mystery shopping tradizionale, se condotto da ispettori specializzati, può essere una soluzione efficace.

 

♦ CASO 3 – Siamo ancora nel fast food del primo caso, ma non ci interessa più conoscere veramente l’opinione del cliente. Ci basta che qualcuno ci informi sulla qualità dell’illuminazione, sulle condizioni dei bagni, sulla visibilità dei prezzi, sulle procedure seguite dal personale.

Prendiamo un “cliente misterioso” e lo mandiamo sul posto periodicamente. Ne basta uno, e funziona benissimo.

Ma stiamo ancora facendo mystery shopping, oppure si tratta di qualcos’altro? Per questo genere di ispezioni serve davvero un mystery shopper ( = agente che si comporta come un normale cliente) oppure tanto vale formare una figura diversa? In fondo, il nostro agente non si comporta più come un normale cliente: è lì per controllare aspetti molto specifici del business, variabili che noi abbiamo deciso e messo in scaletta.

Forse non potrà dirci se manca un’opzione vegetariana o se il caffè era freddo, ma forse siamo noi che non riteniamo importante saperlo da lui. In ogni caso, rischieremo di perdere informazioni di questo tipo.

È grave? Ognuno alle informazioni attribuisce il valore che ritiene più opportuno.

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